Saluti romani al cimitero di Cassino, tre condanne in appello

I fatti risalgono al 2017, in primo grado i militanti di estrema destra erano stati assolti dall'accusa di apologia di fascismo

Domenica 14 Gennaio 2024 di Vincenzo Caramadre
Saluti romani al cimitero di Cassino, tre condanne in appello

Saluto romano all'interno del cimitero e frasi inneggianti alla repubblica di Salò postate sui social, sentenza di primo grado ribaltata in appello: tre militanti dell'estrema destra condannati a sei mesi di reclusione (pena sospesa). I protagonisti sono tre cassinati che quasi sette anni fa - in tempi ben lontani dall'affollata commemorazione dinanzi alla sede dell'ex Msi in via Acca Larentia a Roma, che ha scatenato le recenti polemiche - si riunirono all'interno del cimitero tedesco di Cassino per commemorare le vittime e, nel contempo, invitare tutti alla "rivoluzione".
Ai tre, che hanno un'età compresa tra i 50 e 60 anni, viene contestato di aver fatto il saluto romano, ma anche la palese dichiarazione di "onore ai caduti dell'alleato germanico e della Repubblica Sociale" e, non da ultimo, l'iconico invito generale: "Italia, proletaria e fascista in piedi!".

I SOCIAL

Frasi e gesta postate, con due foto, sui social, dove ancora girano, il 4 marzo 2017 che nei confronti degli imputati hanno fatto scattare l'apologia del fascismo.
I militanti girarono anche un video chiamando a raccolta i "camerati della rete" per il giorno seguente, quando ci sarebbe stato il tesseramento ad un movimento che definirono "fascista". E proprio questo sarebbe l'elemento centrale per l'accusa. Motivo? Avrebbero fatto "propaganda al disciolto partito fascista". In primo grado, davanti al tribunale di Cassino agli inizi di marzo dello scorso anno erano stati assolti con formula piena. Ad appellare la sentenza è stata poi, ad inizio estate, la procura generale che ha sottolineato le frasi scritte sui social, configurando la violazione dell'articolo 4 della "Legge Scelba" del 1952 che, appunto, sanziona chi "pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo oppure le finalità antidemocratiche proprie del partito fascista". La sentenza della corte d'Appello è stata pronunciata ad inizio settimana ed è stata notificata alle difese (rappresentate dagli avvocati Mariano Giuliano, Giuseppe Di Mascio e Ivan Caserta) nelle scorse ore. Proprio le difese, dinanzi al giudice monocratico del tribunale di Cassino, lo scorso anno avevano sostenuto che non c'era stata alcuna «azione di pericolo». In pratica, era stato detto che la manifestazione di pensiero non era rivolta alla ricostituzione del partito fascista, ma, appunto, si era trattato di una semplice manifestazione di carattere personale. Ad uno dei tre veniva contestata l'adesione al Movimento Fascismo e Libertà e l'avvocato Caserta aveva fatto rilevare che «nello statuto dello stesso sono riconosciute le libere istituzioni dello Stato». Per tutti quindi era stata pronunciata sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste». Nessuna violazione di legge, nessun pericolo antidemocratico per il giudice di primo grado. La sentenza, però, in appello è stata ribaltata. «Faremo ricorso in Cassazione», dice l'avvocato Ivan Caserta. «Una materia che vede decisioni di segno diverso, per cui si attende l'univoco pronunciamento delle Sezioni unite».

L'ORIENTAMENTO

Sulla questione, stando ai precedenti, c'è un orientamento ben chiaro al tribunale di Cassino. Qualche anno c'era stata l'assoluzione dallo stesso reato per l'ex deputato ed ex sindaco di San Giorgio a Liri Modesto Della Rosa (difeso dall'avvocato Giuseppe Di Mascio), che, durante una manifestazione religiosa - indossando la fascia tricolore, accanto al gonfalone della città e ad altri amministratori pubblici - aveva salutato "romanamente" alcuni giovani. Un fatto che, il tribunale di Cassino, definì «inopportuno», ma scevro da rilievi di natura penale, di conseguenza la piena assoluzione dell'ex deputato Della Rosa.
 

Ultimo aggiornamento: 15 Gennaio, 16:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA