Mentre la comunità di Reggio Emilia si stringe nel dolore intorno ai familiari e agli amici di Juana Cecilia Hazana Loayza, la 34enne peruviana sgozzata ieri in un parco cittadino, madre di un bimbo di un anno e mezzo, emergono nuovi dettagli sul suo ex, il 24enne parmigiano Mirko Genco che ai carabinieri reggiani ha confessato il delitto e che ora si trova in carcere.
Denunciato da altre donne
«Era tranquillo, cosciente, non farneticava», dice all'ANSA la legale che lo difende, Alessandra Bonini. Aveva cominciato a frequentarsi con la vittima sei mesi fa. Poi la relazione era stata interrotta ad agosto, con la denuncia di lei per stalking. Genco viene arrestato due volte, poi le ultime misure cadono a inizio novembre perché patteggia a due anni. «Lui sostiene che aveva iniziato di nuovo a frequentarsi con la vittima a inizio novembre, quando era tornato libero», spiega la legale, «e che l'elemento scatenante venerdì sera, che lo ha fatto mettere in macchina da Parma a Reggio Emilia. è stata la foto di lei sui social in un pub. Gli sembrava ubriaca e voleva riportarla a casa, dal suo bimbo».
Così non è andata. Mirko ha raggiunto sì la sua ex, ma anziché riaccompagnarla l'ha massacrata nel parco. Genco, secondo quanto emerso, aveva un'altra denuncia simile a quelle di Juana Cecilia: nel 2020 un'altra sua ex lo aveva denunciato. Lui l'avrebbe costretta a tagliare tutti i ponti con l'esterno, a chiudere le relazioni con gli altri. In seguito alla denuncia lei era finita in una struttura protetta. A quanto risulta c'è un procedimento a carico di Genco ma non misure cautelari. E poi l'altro dettaglio biografico, su sua madre.
Era Alessia Della Pia, uccisa a 39 anni nel dicembre 2015. Del delitto fu accusato l'ex convivente Mohammed Jella, trentenne tunisino, latitante un anno e mezzo prima di essere arrestato in Tunisia. «Ammazzata due volte, dalla legge e da quell'orco», ha detto un'amica di Juana Cecilia al TgR Rai Emilia-Romagna. Ô lo sfogo delle persone più vicine alla 34enne, per la quale oggi si è svolto un sit-in silenzioso con centinaia e centinaia di persone. I riflettori sono sul meccanismo di legge che ha permesso, legittimamente, a Genco di essere libero. Il patteggiamento a due anni per il tipo di reati previsti dal Codice rosso prevede che la pena sospesa «possa essere concessa ma subordinata a percorsi di riabilitazione, un gran bel nome, ma è qualche cosa, e qui ne è la palese dimostrazione, che non funziona», ha detto all'ANSA la legale Bonini.
Il patteggiamento, che Genco ha ottenuto - e così la libertà, pena sospesa - prevede che l'autore di stalking e molestie segua dei percorsi di riabilitazione, colloqui con psicoterapeuti che possano aiutare a liberarsi da queste forme di comportamento vessatorie. «Ho contattato il centro 'Liberiamoci dalla violenzà dell'Usl di Parma - spiega Bonini - che accettava ma solo persone che in modo volontario li avessero contattati. Genco non aveva molta scelta e li ha chiamati». Un primo colloquio lo ha avuto subito, appena libero, e poi «mi ha detto di averne avuto un altro il 16 novembre». Tre giorni prima del delitto. Un percorso di riabilitazione simile «è giusto», «il giudice ha applicato la legge, l'avvocato fa il suo mestiere», ma in questo caso «non ha funzionato», dice la legale. Sconvolta l'intera comunità reggiana. Il sindaco Luca Vecchi invita a una riflessione: «Ô evidente che gli strumenti di diritto a disposizione si sono rivelati inadeguati a prevenire un pericolo che era presente».