Le domande che un adulto dovrebbe porre ai giovani che protestano per la Palestina

Martedì 14 Maggio 2024

Egregio direttore,
mi ha incuriosito la lettera del signor Dario Verdelli e, soprattutto, la sua risposta. Viviamo un momento molto oscuro, la politica, ovunque si guardi non esiste più, esistono meschini piccoli politicanti! E che si fa? Si attaccano i giovani perché difendono i palestinesi e non gli israeliani o gli ucraini. Abbiamo un governo che gioisce quando un barcone con i "negri" affonda e brinda, magari indossando il rosario, grida, anzi urla contro questi giovani facendoli massacrare perché sono solo dei perdigiorno comunisti. Certo in mezzo ci possono essere elementi pericolosi, ma anche dall'altra parte ci sono, ricordiamo l'assalto recente alla sede della Cgil, la polizia lì non è andata giù pesante come con gli studenti. Ad una assemblea pro Palestina nel cortile di Ca Foscari, ho voluto ascoltare anche io, unica vecchia adulta, ed ho dialogato con loro. Non sono contro il popolo israeliano, ma contro il governo e il loro primo ministro. Non capiscono come chi ha vissuto il male dell'olocausto possa reagire con tanto odio contro gli innocenti. Gli ucraini hanno intere nazioni con loro che li aiutano in tutti i modi. Non diamo colpe che non hanno ai giovani che gridano e ci mettono la loro faccia.

Carla D'Este Crisanti
Venezia


Cara lettrice,
non ce la siamo presa con i giovani che scendono in piazza e manifestano.

La voglia di contare e di far sentire la propria voce da parte delle nuove generazioni è sempre un fatto positivo. Ma a chi scende in piazza e protesta, a qualsiasi sponda politica appartenga, va anche spiegato che la coerenza e la capacità di fare i necessari "distinguo" non sono dettagli, ma elementi importanti , da cui dipende in larga parte la credibilità e l'efficacia della propria protesta. I civili ucraini ammazzati nelle loro città dai militari russi non possono essere considerati vittime di serie B e meritare meno attenzione e indignazione solo perché, come per esempio dice lei, l'Ucraina «ha intere nazioni che l'aiutano». Forse che i palestinesi non possono contare sull'appoggio dell'intero, ricco e potente mondo arabo? Ma aldilà di questo: se sono inaccettabili le operazioni militari dell'esercito di Netanyahu nella striscia di Gaza, perché non dovrebbero esserlo anche quelle dell'esercito di Putin nelle città ucraine? Perché per le prime quegli studenti montano tende e sit-in fuori dalle università e per le seconde manifestano invece una sostanziale indifferenza? Porre queste domande non significa dare colpe ai giovani che contestano. Significa, per usare un'altra sua espressione, "metterci la faccia". Ruolo scomodo e complesso a cui troppo spesso noi adulti veniamo meno, sperando forse in questo modo di lucrare, a buon mercato, il consenso dei più giovani.

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