È un grido di sollievo quello che esplode ai piedi della Tour Eiffel alle 20 e un secondo.
La marcia trionfale
Il sollievo e la paura per lo scampato pericolo, si sentivano ieri nel tremolio della voce del ministro della Giustizia, Eric Dupont Moretti, in prima fila sotto la Tour Eiffel con altri membri del governo: «Abbiamo sventato il rischio che la Francia cadesse nelle mani dell’estrema destra». Anche il tempo ha voluto essere clemente: minacciava rovesci ma ha tenuto. E quando Macron arriva dall’Eliseo, dove ha atteso i risultati, le migliaia di persone che hanno scelto di esserci, si lasciano finalmente andare. Lo slogan che ha accompagnato i comizi di Macron e che suonava sempre un po’ artificiale, suona ora come una ola, un grido da stadio: «Et un, deux, cinq ans de plus», uno, due…altri cinque anni! Lui sceglie come cinque anni fa l’inno europeo, l’Inno alla Gioia, per accompagnare il suo arrivo sul palco. Questa volta non lo fa da solo, ma mano nella mano con Brigitte e circondato da ragazzini e adolescenti. Forse un primo indizio sul Macron bis che sta per arrivare all’Eliseo, meno solitario e verticale nell’esercizio del potere. «Merci!» grida, ed è la prima parola da presidente rieletto. Ringrazia tutti, anche quelli che lo hanno votato per «senso di dovere», e pensa agli astenuti, a quelli che «hanno votato per madame Le Pen». «Non sono il presidente di una fazione, ora sono il presidente di tutti». L’impronta europeista viene rimarcata subito, con la prima telefonata col cancelliere tedesco. «I tuoi elettori - ha detto Scholz a Macron - hanno inviato un segnale forte a favore dell’Europa».
Il bis
Il mandato del “rassemblement” comincia, almeno a parole. E promette: il nuovo quinquennio non sarà la semplice riedizione di quello che finisce, né la seconda stagione di una stessa serie: «È con ambizione e benevolenza per il nostro paese che, al vostro fianco, affronto i prossimi cinque anni, questa nuova era non sarà la continuità del quinquennio che termina, ma un’invenzione collettiva, di un metodo rinnovato al servizio del nostro paese e dei nostri giovani». «I prossimi anni non saranno tranquilli», dice ed evoca la guerra in Ucraina: «Ci ricorda che attraversiamo tempi tragici in cui la Francia deve far sentire la sua voce». Del suo programma, esalta «un progetto umanista, ambizioso per l’indipendenza del nostro paese, per la nostra Europa». Non nega di avere davanti a sé un paese diviso e «pieno di dubbi»: «Nessuno sarà lasciato sul bordo della strada, risponderemo alla rabbia che è stata espressa».
Il futuro davanti
Un discorso breve, poco solenne, senza grandi tirate liriche, concluso chiamando vicino a sé sul palco, Brigitte. I prossimi anni saranno duri ma adesso, per la folla riunita sotto alla Tour Eiffel, è anche il momento di dirsi che comunque il risultato è un exploit, che Macron è il primo presidente della repubblica francese a essere rieletto, per gli altri, c’era sempre “un’attenuante”, oppure non erano stati eletti al suffragio universale (come De Gaulle) o uscivano da un periodo di coabitazione con un governo e un premier di colore opposto, e quindi avevano potuto fare campagna offrendo un progetto di alternanza, come Chirac.
Gli sconfitti
Avrà un’opposizione dura e più forte di quella del primo mandato, Macron. L’ha dimostrato subito Marine Le Pen, che ha immediatamente svestito i panni “sobri”, gentili e presidenziabili che l’hanno aiutata nell’opera di sdoganamento dell’estrema destra. Nemmeno una parola di galateo istituzionale nei confronti del presidente eletto, (anche se poi un comunicato conferma che ha fatto la telefonata di rito al presidente eletto), ma subito l’affondo contro i suoi «metodi brutali e sleali» e l’immediato lancio della battaglia per le elezioni politiche che si svolgeranno tra due mesi. Stessi toni e in parte anche stesse parole («non rassegnatevi non c’è nessuna fatalità») anche all’estremo opposto, con il radicale Jean-Luc Mélenchon che ha subito invitato i francesi a votare alle prossime elezioni politiche per la Nuova Unione Popolare (la forza di sinistra che sta costruendo) e ha fustigato un neo presidente «affogato in un oceano di schede bianche o nulle».
Urne semivuote
L’astensione ai massimi (la stimavano ieri al 28,2 per cento, 2 punti in più rispetto al 2017, inferiore solo a quella storica del ’69) dimostra che il Fronte Repubblicano che ha storicamente fatto argine all’estrema destra non funziona più. Anche gli elettori del primo turno di Mélenchon, (quasi il 22 per cento, ago della bilancia di questo ballottaggio) non sono corsi in massa alle urne per votare Macron e impedire la vittoria di Le Pen. I primi conti fatti dimostrerebbero che, contando i voti bianchi o nulli e gli astenuti, solo il 39 per cento degli elettori francesi ha votato per lui, contro il 28 per Marine Le Pen. Più del trenta per cento dei francesi non ha partecipato alla scelta del presidente della Repubblica, e potrebbe ora esprimersi per le strade o le piazze. Ieri sera si temevano manifestazioni violente, ma solo alcuni gruppi di giovani si sono riuniti a Chatelet, a Parigi, subito dispersi dai lacrimogeni della polizia.