PADOVA - Lo stato di agitazione è stato proclamato, ma a breve potrebbe fargli seguito pure lo sciopero. Infatti in Veneto la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) è ai ferri corti con la Regione, tanto è vero che ieri i vertici sindacali delle varie province si sono ritrovati nella sede di Padova per spiegare le motivazioni che li hanno indotti a protestare. Attorno al tavolo, quindi, si sono dati appuntamento il segretario regionale Maurizio Scassola (che è anche numero uno di Venezia) e quelli degli altri territori: Domenico Crisarà (Padova), Francesco Noce (Rovigo), Giulio Rigon (Verona) e Umberto Rossa (Belluno). È lunghissimo l'elenco di accuse, in primis la mancanza di attenzione, mosse dai rappresentanti sindacali al governo veneto, acuite dopo l'incontro con l'assessore Manuela Lanzarin dalla quale, a loro dire, non hanno trovato risposte su vari quesiti tra cui la mancata programmazione, la privatizzazione spinta, la carenza di medici, le cure domiciliari, l'assenza di prospettive per i giovani e il fatto che i cittadini a volte si vedano costretti a rivolgersi a strutture non convenzionate (e a questo proposito hanno espresso totale contrarietà alle Case della comunità).
Lo stato di agitazione, che come hanno sottolineato non è «contro qualcuno», ma per «tutelare la salute di tanti», si concretizzerà in una serie di incontri con sindaci e associazioni per segnalare le preoccupazioni sul futuro della sanità, che nel Veneto è caratterizzata da numeri imponenti: 3.200 medici di base, 40 milioni di accessi alle prestazioni in un anno, con oltre 786mila cittadini che si sono rivolti ai sanitari di famiglia.
LE MOTIVAZIONI
«La scelta - ha evidenziato Scassola, portavoce di Fimmg Veneto che vanta 2.100 iscritti, cioè il 70% della categoria - deriva da una serie di situazioni che hanno esasperato il rapporto tra noi e la Regione, dopo che abbiamo posto questioni politiche, non sindacali.
IL COMMENTO
«Dall'atteggiamento della Regione - ha spiegato poi Crisarà -traspare che si sta realizzando quello che era stato programmato nel piano socio-sanitario del Veneto 2019-2021, dove si dà la possibilità di affido dell'assistenza domiciliare a soggetti privati con personale loro, come avviene negli Usa. Vediamo che ci sono società e fondi economici, anche esteri, che stanno acquisendo farmacie, laboratori di analisi e diagnostica, e ambulatori, e offrono prestazioni a prezzo più basso del ticket. Il problema, però, è che per lavorare sulla quantità non possono garantire la qualità. Quanto alla carenza di medici, in Veneto nell'ultima chiamata ne mancavano 700 e sono stati coperti 325 posti, di cui però 200 ricorrendo a medici in formazione che frequentano il primo anno, per cui non potranno più essere utilizzati in futuro: ciò significa che fra un triennio la situazione sarà ancora più grave di oggi».