Ucciso dalla prostituta, la tragedia
durante un gioco erotico sadomaso

Sabato 13 Ottobre 2012 di Laura Lorenzini
ROVIGO - Nudo. Ai piedi del letto. Legato alle mani e ai piedi. Cos stato trovato il dipendente delle Poste Andrea Marcomin, 53 anni, di Adria. È lui, personaggio molto noto nel Delta, cavaliere del lavoro ed ex candidato alle elezioni comunali nelle fila di Forza Italia, la vittima di quello che si sta configurando come un delitto a luci rosse.



La brasiliana Cleide De Paula, 44 anni, lo avrebbe colpito con un oggetto di legno durante un gioco erotico nel suo appartamento di via Luigia Modena Colorni, una traversa di via Badaloni.



L’omicidio, stando a quanto ha confessato la donna ai carabinieri del Nucleo radiomobile di Rovigo poco dopo l’accaduto, sarebbe avvenuto giovedì prima delle 17. La donna, che a quanto pare faceva la prostituta, avrebbe ricevuto l’uomo, separato e padre di un bambino, nel suo monolocale al primo piano. Lì i due si sarebbero spogliati e avrebbero iniziato un rapporto sessuale, sfociato in fantasie erotiche estreme.



L’adriese, secondo le tecniche del bondage, si sarebbe fatto legare con corde alle mani e ai piedi. Poi, forse, è partito un gioco sadomaso, come quello della schiava e del padrone. Con i ruoli rovesciati, in questo caso: lui preda e lei aguzzina. Un gioco forse scappato di mano. Con un’imprevedibile piega violenta. Forse è scoppiata una lite e lei, presa dalla rabbia, ha afferrato un oggetto contundente, pare di legno. Un suppellettile o un elemento dell’arredo. Con quello avrebbe colpito il partner violentemente alla testa. Più volte. Tanto da causargli ferite letali. Marcomin sarebbe caduto ai piedi del letto, forse battendo il capo. E lì è rimasto esanime. Con la testa in una pozza di sangue.



Quando la donna ha realizzato di averlo ucciso, è stata presa dal panico. Si è vestita e, alle 17, è uscita di casa. Ha vagato a lungo a piedi, fino ad arrivare alla stazione. Lì, alle 20.30, con il cellulare ha chiamato i carabinieri: «Venite, ho ucciso un uomo», ha detto tra le lacrime. Poco dopo gli uomini del Nucleo radiomobile l’hanno raggiunta e portata in caserma. Pare che fosse sotto l’effetto di psicofarmaci.



La brasilianana, sconvolta e confusa, diceva di avere ucciso un uomo a casa sua, nel pomeriggio. Ma non ricordava né perché, né come. Alle 21.10, finalmente, è riuscita a fornire indicazioni sul luogo del delitto. Così, mentre una gazzella la portava in ospedale per le necessarie cure psichiatriche, in via Luigia Modena Colorni si precipitavano il Nucleo investigativo con il capitano Giovanni Liaci, il comandante del reparto operativo Andrea Firrincielli e gli uomini della sezione rilievi.



Nel piccolo monolocale al primo piano, un vecchio palazzo che sorge sopra il nuovo locale "Basilico", sorto al posto della rosticceria cinese, la scena confermava la versione della brasiliana. Accanto al letto c’era il cadavere dell’uomo, a pancia in su. Nudo. Mani e piedi erano legati con alcune corde. Nè alcol né droga sarebbero stati trovati nella stanza dagli uomini della sezione rilievi, che hanno analizzato attentamente la scena del crimine. Raccolti e impacchettati tutti i possibili elementi di prova, tra cui l’oggetto di legno ritenuto la possibile arma del delitto. Le indagini sono coordinate dal sostituto procuratore Fabrizio Suriano. La donna, ieri sera, è stata sentita a lungo in caserma: è in carcere con l’accusa di omicidio volontario.



Cleide De Paula è una donna appesantita dagli anni. Non più giovane e non più bella. Una stanza con un letto matrimoniale, un angolo cottura e un bagnetto. Sopra e accanto inquilini quasi tutti stranieri, che prendono in affitto case a buon mercato in quel vicolo buio e stretto in pieno centro.



È in quel contesto, molto modesto, che matura il delitto dell’altro ieri. Nel pomeriggio, secondo le prime dichiarazioni della donna. Nessuno vede o sente niente. La sua vicina di casa, una romena che lavora come aiuto cuoca in un locale vicino, è fuori. Sopra vive una famiglia di cinesi. Che non si accorge di nulla. Accanto, una ragazza rodigina dice di aver sentito un gran frastuono, ma era il fiume di gente che tornava da piazza Duomo dopo aver ascoltato Matteo Renzi. Più il brusio della clientela del nuovo locale "Basilico".



Lei, la brasiliana Cleide vive lì da un anno e mezzo. Fino a qualche tempo fa aveva un compagno. Ora sta da sola. È molto discreta e non dà confidenza ai vicini e alla gente del quartiere, ma si sussurra che si mantenga prostituendosi in casa. Ai carabinieri lei dice che Andrea Marcomin le suona il campanello e sale le scale. Entra nell’appartamento. È pomeriggio. Un orario, si presume, tra le 15 e le 16.



Probabilmente i due si conoscono da tempo. Di sicuro la donna conosce i suoi gusti. In casa ha tutto l’occorrente per il bondage, pratica sessuale che coniuga il piacere alla costrizione fisica realizzata con legature e corsetti. I due si spogliano. Lei lo lega con alcune corde. Mani e piedi. Lui è disteso sul letto. Immobilizzato e passivo, in balia di lei che lo domina. Un gioco sadomaso, ma molto probabilmente consenziente. Forse è lui a chiedere qualcosa in più per aumentare l’adrenalina. C’è chi invoca le frustate. O il calpestamento con lo stiletto.



La brasiliana forse usa qualche strumento per fustigarlo. Finché succede qualcosa. Cosa non si sa. Quello che si suppone è che lei colpisca l’amante più volte alla testa. Forse con una suppellettile di legno. Lui, ferito, perde conoscenza e cade sul pavimento. O forse è già là quando accade l’irreparabile. Perde sangue, disteso sulla schiena. E muore.



La donna capisce cos’è successo. È in stato di shock, non sa cosa fare. Alle 17 si veste ed esce. Vaga a piedi fino alle 20.30. Forse chiama qualcuno, chiede consiglio. Quando arriva davanti alla stazione è stremata. E con il cellulare compone il numero dei carabinieri: «Ho ucciso un uomo, venite». Dieci minuti dopo gli uomini del Nucleo radiomobile sono lì.