ODERZO - Per vestire i cadaveri chiedeva delle mance alle imprese funebri: 10, 20 a volte anche 30 euro. Somme che hanno fatto finire alla sbarra un operatore dell'obitorio di Oderzo, ora in pensione.
LE ELARGIZIONI
Tre i testimoni dell'accusa, tra impresari funebri e dipendenti delle agenzie, sentiti ieri in aula. E se per qualche impresario di trattava di «qualche spicciolo per il caffè, al massimo 10 euro e la storia finiva lì», il collega da cui era partita la denuncia ha descritto una situazione più strutturata: «Chiedeva delle mance per la vestizione delle salme esterne. Poi ha iniziato a chiedere somme anche per quelle di persone decedute in ospedale. Non ero disposto a dargliele e a quel punto il rapporto si è incrinato, tanto che in un'occasione ha composto la salma di una defunta in modo impresentabile. E in un'altra occasione mi ha fatto notare davanti ai familiari del defunto che avanzava dei soldi». Un episodio, quest'ultimo riferito anche da un altro teste.
SOMME NON DOVUTE
L'impresario che si era ribellato, aveva messo al corrente delle elargizioni il direttore sanitario dell'ospedale, da cui aveva ricevuto la conferma che nessuna somma era dovuta agli operatori dell'obitorio. Il processo è stato rinviato al 24 marzo, giorno in cui verranno sentiti gli ultimi due testimoni dell'accusa, per i quali è stato disposto l'accompagnamento coatto, e quelli della difesa.