Il rimpianto di Marchetto: «Fossilizzati troppo a lungo»

Sabato 30 Giugno 2018
Il rimpianto di Marchetto: «Fossilizzati troppo a lungo»
IL SIMBOLO
TREVISO (eg) «In un primo momento sembrava una cosa bellissima. L'arrivo di uno sponsor come quello della famiglia Benetton ha lasciato tutti di sorpresa. Si trattava dell'azienda più importante e più in crescita della nostra zona, un'azienda che stava cominciando ad affermarsi anche a livello mondiale, pertanto avere uno sponsor come Benetton poteva anche rendere ogni cosa più semplice e dava ulteriori motivazioni. Bisogna riconoscere che la famiglia Benetton ha fatto e ha dato tanto a questo sport, ma come in tutte le cose, ci sono i pro e i contro». A ricordare il momento dell'arrivo dell'azienda Benetton nel rugby è Manrico Marchetto, uno dei giocatori simbolo della Treviso rugbistica. Quel passaggio di sponsor, dal Metalcrom, che per 15 anni ha sostenuto il rugby trevigiano, al Benetton, Marchetto l'ha vissuto in prima persona: aveva vinto da poche settimane lo scudetto e quei periodi li ricorda come fossero accaduti ieri, non 40 anni prima.
LA REAZIONE
La squadra come prese questa entrata? «L'arrivo di Benetton fu una cosa che tutti apprendemmo con molto entusiasmo. Era una cosa splendida, per certi aspetti il cambiamento era talmente grande che magari non ci eravamo resi conto subito dell'importanza. Però». Però? «Con un'azienda di tali dimensioni come sponsor, potevano e dovevano essere centrati dei risultati molto più importanti di quelli che effettivamente sono arrivati. Purtroppo per tanto tempo l'organizzazione non è stata alla pari. A decidere, per anni, ci sono state delle persone che nel loro lavoro magari erano dei professionisti di un certo livello, ma non venivano da questo sport. Questo ha penalizzato quelli che sono stati i risultati, certamente inferiori rispetto a quanto sarebbe stato logico attendersi». Qualcosa però sta cambiando. Oltretutto bisogna anche ammettere che ci voglia del tempo per raggiungere certi traguardi. «Ben per questo bisognava partire prima. Chiaro che ci vuole del tempo, ma più tardi inizi, più tardi raggiungi certi traguardi. Per troppo tempo siamo rimasti fossilizzati nel nostro piccolo e questo ci ha fortemente penalizzato».
IL SUGGERIMENTO
Lei, allora, cosa suggerirebbe? «Innanzitutto non essere vincolati da determinate situazioni economiche, quindi confrontarsi di continuo con chi è più capace. Se vuoi migliorare, progredire, alzare il tuo livello, devi farlo misurandoti con chi è più forte, con chi è superiore. Copiare va bene, ma bisogna anche saperlo fare. In 40 anni è stato fatto conoscere il nome del Benetton Rugby a livello europeo e anche mondiale, questo è un aspetto molto importante, ma personalmente sono molto dispiaciuto perché se ci fossero state persone di mestiere avremmo ottenuto molto di più. Negli altri Paesi, i presidenti dei club, o delle federazioni, sono tutti ex nazionali. E se affermo certe cose, è perché sono innamorato di questa squadra». Lei è stato sempre molto vicino al rugby, per alcuni anni è stato anche presidente del Vecio Rugby: con il Benetton che rapporti ha? «Nessun rapporto particolare, anche perché non ho mai avuto la sensazione di un certo interesse ad avvicinarmi. Assisto a qualche allenamento, vado a vedere le partite allo stadio, anche se con sempre minor frequenza, perché mi sto accorgendo che non c'è quell'attaccamento alla maglia che è necessario».
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