Europee, il paradosso: ecco perché se Schlein e Meloni corrono alle elezioni potrebbero eleggere meno donne

Le regole della legge elettorale impongono l'alternanza di genere per le preferenze. Se le capolista rinunciano al seggio passano gli uomini

Venerdì 22 Dicembre 2023 di Riccardo Palmi
elezioni europee: il paradosso di Giorgia Meloni ed Elly Schlein, ecco perchè le loro candidature rischiano di vedere meno donne in Europa

Il duello ingaggiato tra Giorgia Meloni e Elly Schlein non si ferma alla politica interna che vede le due donne darsi battaglia dai rispettivi palchi, l'altra grande partita si gioca in Europa.

Entrambe stanno ancora decidendo se e come posizionarsi ai blocchi di partenza delle elezioni europee 2024. Ancora tutto da vedere, ma intanto la leader dem prepara il terreno e dall'interno del partito la sua candidatura sembra essere nell'aria. 

Pro e contro

L'eventuale candidatura porta con se pro e contro per entrambe, ma quella che corre i rischi maggiori potrebbe essere Elly Schlein, anche solo per le polemiche che sono emerse tra alcuni esponenti del suo partito. Da una parte c'è sicuramente la possibilità della segretaria dem di blindare il ruolo anti meloni all'interno delle opposizioni. Dall'altra parte però, alcune donne della minoranza del Partito Democratico storcono la bocca all'idea di Schlein candidata in Europa. 

Le ragioni

Il motivo è semplice. L'Italia elegge i deputati del Parlamento Europeo in cinque circoscrizioni, per ogni lista le preferenze possibili arrivano a un massimo di tre con l'obbligo di alternanza di genere. Siginifica che se la prima preferenza viene data ad una donna, la seconda deve essere necessariamente per un uomo. Ecco perché se Schlein dovesse candidarsi come capolista anche solo in due o tre circoscrizioni, rischierebbe di togliere posti alle altre dem in lizza, favorendo invece esponenti uomini di spicco pronti a candidarsi, ad esempio Dario Nardella o Nicola Zingaretti. 

Certo, la candidatura della leader come capolista in tutti i collegi aiuta il voto per il partito, ma potrebbe voler dire rinunciare ad una maggiore parità di genere in Europa. Una questione da sempre bandiera della neo segretaria Pd della quale sarebbe difficile fare a meno. Commenti in questo senso arrivano anche da chi nel Parlamento Europeo c'è ancora anche se per poco. Nei giorni scorsi l'eurodeputata del Partito Democratico Pina Picierno aveva ricordato che l'Europa non è il secondo tempo delle elezioni politiche ma una partita a parte, dalla costruzione delle liste fino all'elaborazione del programmi. «Per Giorgia Meloni candidarsi sarebbe una follia" aveva avvisato Picierno, «per Schlein un errore». 

Per molti nella minoranza del Pd non si tratterebbe solo di un errore, ma di una mossa che non fa parte della cultura dem e che secondo alcuni sposterebbe l'attenzione dai temi della campagna elettorale. Non solo: c'è chi sostiene che una corsa in tutte le circoscrizioni ricordi più lo stile di Silvio Berlusconi che non quello del Pd che "non è un partito leaderistico". Se il sì all'Europa della numero uno dem dovesse davvero arrivare sarebbe una prima volta per la sinistra italiana.

 Un problema che si presenta anche dall'altra parte del campo dove c'è Giorgia Meloni. Anche se, nel centrodestra il tema delle candidature multiple è già stato sdoganato sia da Berlusconi che da Matteo Salvini nel 2019. Da qui, è più facile prevedere che una corsa da parte della premier a Bruxelles non scatenerebbe reazioni contrarie tra i suoi. Ecco perchè le europee di giugno potrebbero rappresentare un nuovo round tra le due donne, che pur di portare avanti due donne rischiano di sacrificare tutte le altre.

Ultimo aggiornamento: 12:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA