Michael Jordan, il compleanno del fenomeno che ha cambiato il basket e quel suo tour a Nordest

Il 23 dei mitici Bulls compie 60 anni. Un turbine di successi, la visita a Venezia e la partita a Trieste in maglia Stefanel: mandò il tabellone in pezzi e siglò 41 punti. Restò impressionato dal "veneziano" Dalipagic

Giovedì 16 Febbraio 2023 di Davide Tamiello
Michael Jordan

VENEZIASalt Lake City, 14 giugno 1998: tiro allo scadere dopo aver rubato il pallone a Karl Malone e sesto titolo per Chicago. Cleveland, 7 maggio 1989: il primo stellare "the shot" con cui manda a casa i Cavs. Delta Center di Utah, 11 giugno 1997: 38 punti per trascinare i suoi Bulls alla vittoria di gara 5 della finale Nba nonostante un'intossicazione alimentare e 38 di febbre (per questo poi ribattezzata "flu game"). Potere scegliere voi la vostra istantanea preferita, di momenti iconici ce ne sono un'infinità: sono le solide fondamenta su cui Michael Jordan, che domani, 17 febbraio, compie 60 anni, ha costruito il tempio della sua leggenda. Il palmarès parla da solo: sei volte campione Nba, un titolo Ncaa, 2 ori olimpici (nel 1984 e con il Dream team del 1992), 5 volte Mvp della regular season, sei volte Mvp delle finals (nessuno come lui), un premio di difensore dell'anno, dieci volte primo marcatore dell'Nba (unico nella storia: la sua media punti, 30,1 a partita, è la più alta di sempre), 14 all star game, 2 vittorie alla gara delle schiacciate, inserito nel 2009 nella Hall of fame.

Il traguardo delle 60 primavere arriva nel 23, come il suo numero di maglia. Due cifre che hanno ispirato generazioni di sportivi: per anni l'ha voluto Lebron James, da poco diventato il re dei realizzatori dell'Nba, ma uscendo dai confini della palla a spicchi l'hanno indossato decine di altri atleti, sempre in onore di MJ, tra cui anche i calciatori italiani Massimo Ambrosini e Marco Materazzi.

PONTE CON L'EUROPA
Jordan ha cambiato il basket e lo sport, da atleta come da uomo d'affari. Basti pensare che la sua linea di scarpe ha praticamente preso vita da sola divorandosi (o quasi) la casa madre (la Nike), rendendo quelle sneakers un oggetto di culto per generazioni, ricercatissime oggi come allora, a 38 anni di distanza dalla prima uscita. Quel momento se lo ricorda bene coach Bogdan "Boscia" Tanjevic, ct dell'Italia d'oro agli europei di Francia nel 1999, che nel 1985 era sulla panchina della Juve Caserta, avversaria designata della Stefanel nella sfida di Trieste per promuovere in Europa appunto la nuova linea delle Air Jordan 1. «Impossibile dimenticare - racconta - l'ho anche allenato in quei giorni. Abbiamo partecipato a tutto il tour della Nike. Prima c'è stata una partita a Bormio, poi siamo andati a Venezia e infine a Trieste per la gara con la Stefanel». L'accordo era che MJ giocasse un tempo per squadra, invece alla fine resta in campo sempre con la Stefanel, segna 41 punti, e porta alla vittoria Trieste per 113 a 112. «Una bella fregatura insomma: in spogliatoio con noi, in campo con loro però», ricorda Boscia. Per la cronaca: le scarpe usate da Michael in quella partita vennero battute a un'asta di Christie's per 615mila dollari.

lA SUA LINEA DI SCARPE EBBE UN SUCCESSO CHE OSCURO' LA CASA MADRE NIKE. IL MATCH DI TRIESTE CON STEFANEL E IL RICORDO DI DALIPAGIC

 

IL TABELLONE IN PEZZI
Quella partita è diventata famosa per un altro episodio: Michael mostrò all'Italia tutta la potenza del basket d'oltreoceano con una schiacciata così violenta da mandare in mille pezzi il tabellone. «Quella per noi fu una tragedia che ci costò, probabilmente, lo scudetto - commenta amaro il coach - perché Horacio "Tato" Lopez si infortunò gravemente a una mano, le schegge di vetro del tabellone gli recisero i tendini: rimase fuori per quasi tre mesi». Un incontro, però, quello con il "Goat" (Gratest of all time, come lo definiscono gli americani: il migliore di sempre) da tenere stretto nella bacheca dei ricordi anche per un coach dalla lunga e vincente carriera come Tanjevic. «Che posso dire, era un ragazzo ma era già il più forte del mondo, si vedeva». Anche se, a dire il vero, la sua stella aveva appena iniziato a brillare: quelli erano gli anni in cui l'Nba era dominata da altri due mostri sacri, Larry Bird e Magic Johnson. La sua dinastia sarebbe iniziata qualche anno più tardi, con il primo titolo del 1991. «Lui però aveva un carisma magnetico, unico. Ricordo che voleva allenarsi sempre durante il tour, gli avevano affiancato come sparring Mike Davis: era felice come un bambino. Era assicurato per miliardi, l'accordo a Bormio era che giocasse per dieci minuti, non di più - prosegue il coach - sì sì, col c..., scusa la parola. Quello non voleva lasciare il campo, si è fatto tutti e 40 i minuti».

IMPRESSIONATO DA DALIPAGIC
E c'è un aneddoto di Boscia che toccherà il cuore dei tifosi veneziani: il 23, infatti, non aveva dimenticato il talento cristallino della bandiera reyerina Drazen Dalipagic. «È successo quando ero ct della Jugoslavia - continua Tanjevic il 4 dicembre 1981, giocammo contro una squadra di college: la sua North Carolina -. Alcuni mesi dopo, loro avrebbero vinto il titolo Ncaa. Gli chiesi: "Ehi Mike, ti ricordi di quella partita?" Lui mi guardò serio e mi rispose: "Certo che me la ricordo. Soprattutto mi ricordo quel Dalipagic che fece 44 punti. Era uno come me quello". In realtà non si ricordava molto bene: Drazen in quella partita ne segnò "solo" 41».

Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 20:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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