Manuel Zuliani: «Mia madre dice che ci vuole una certa dose di incoscienza a giocare a rugby come me». Il rugbista dell'anno si racconta

Martedì 6 Febbraio 2024 di Ivan Malfatto
Manuel Zuliani nella partita contro la Namibia alla Coppa del mondo

ROMA - «Mia mamma Carla lo dice sempre. Ci vuole una certa dose di incoscienza a giocare come fai tu».
Genuino Manuel Zuliani.

Nato a Castelfranco, residente a Istrana, cresciuto rugbisticamente a Paese (l’ha portato da piccolo un amico, Tommaso Deiedda), approdato al Benetton in un percorso tutto “made in Treviso”, è il giocatore del 2023 per gli allenatori di rugby. L’hanno scelto nel referendum del Gazzettino giunto alla 19ª edizione. Per lui 50 voti contro 34 di Tommaso Menoncello e 19 di Sebastian Negri. A 23 anni Zuliani è terza linea e impact player che si esalta nei placcaggi e nel breakdown. Alto 1,88 per 109 kg, vanta 18 presenze azzurre, 16 partendo dalla panchina.

Davvero sua madre le dice così?
«A mettere la testa nel breakdown ci vuole un certa dose di incoscienza. Ma per me è semplicemente fare qualcosa di utile alla squadra».

È il suo punto di forza?
«Forse sono bravo anche in altri aspetti del gioco, ma non eccellente. Devo crescere molto».

Scontato chiederle a chi si ispira.
«Ritchie McCaw è il mio idolo, il più bravo di tutti. Fra le terze linee attuali Ardie Savea, fisico, esplosivo, tenace».

Il suo punto debole?
«La manualità, la gestualità con la palla. Ci sto lavorando».

Flanker numero 6 parte chiusa o 7 parte aperta?
«Al Benetton mi stanno specializzando a numero 7 per l’esplosività e la dinamicità».

Capitan Michele Lamaro deve iniziare a preoccuparsi?
«Il rugby moderno si è evoluto, si gioca in 23 e non in 15. Guardate il Sudafrica campione del mondo, in panchina ha giocatori fortissimi, quando entrano sono una seconda squadra titolare».

L’Italia però non è il Sudafrica.
«Ma sta crescendo il livello anche da noi. Chiunque entra dalla panchina è come fosse titolare».

Non sente un limite questo utilizzo?
«Io penso solo a dare il massimo, che parta dalla panchina o titolare, che giochi 20’ o 80’. Gli allenatori forse hanno colto questo di me».

Non le piacerebbe partire di più dall’inizio? Dovrebbe sucedere domenica in Irlanda-Italia 2° turno del Sei Nazioni, visto l'infortunio di Negri?

«A chi non piacerebbe? Ma essere impact player mi dà una motivazione in più a crescere giorno dopo giorno».

Come ha reagito alla notizia che i tecnici di Serie A Elite e Urc l’hanno eletta giocatore dell’anno?
«Quando è arrivata mi stavo allenando in Ghirada, stavamo assimilando le nuove giocate. Però mi sono goduto il riconoscimento nel pomeriggio».

Gli allenatori hanno azzeccato la scelta?
«Non mi sento di essere ancora paragonato a certi nomi che vedo nell’albo d’oro. Sono nomi importanti, come quello di Sergio Parisse, capitano dell’Italia e fonte di ispirazione, l’ho incrociato in campo una sola volta, l’anno scorso in semifinale di Challenge Cup a Tolone».

Anche Paolo Garbisi, che ha sfidato nell’ultimo turno di coppa. Gliel’ha dato un bel placcaggio, per far capire che il numero uno ora è lei?
«Non ne ho avuto l’occasione. Con Garbisi siamo amici, anche fuori dal campo».

Lei chi avrebbe votato giocatore dell’anno?
«Tommaso Menoncello, è davvero forte, è stato sfortunato l’anno del Mondiale».

Ogni tecnico aveva 5 nomi da fare, chi mette negli altri 4 posti?
«Secondo Ange Capuozzo. Terzo Nacho Brex, ha fatto un anno importante. Quarto Tomas Albornoz. Quinto Federico Ruzza il mio punto di riferimento in Nazionale: se ho un dubbio da risolvere, una decisione da prendere, un consiglio da chiedere, mi affido a lui».

Continuando nel gioco, gli allenatori hanno fatto un pronostico anche su chi vince lo scudetto.
«Non conosco il campionato, non mi sento di farlo».

Ma sul Sei Nazioni sì. Siete partiti con una sconfitta onorevole
«Spero l’Italia, perché da giocatore proverò a vincere tutte le partite che posso».

Un giudizio più realistico?
«Vedo una nazionale giovane, con tanta voglia di crescere e fare risultato. Abbiamo iniziato un percorso con ct Kieran Crowley, ora lo continuiamo con Gonzalo Quesada. Il prossimo step è portare a casa risultati e vittorie, il più possibile».


Come avete già fatto nel Benetton: dieci successi, un pari e due sconfitte fra Urc e Challenge Cup.
«A Treviso il livello individuale si è alzato molto e ha creato competizione, voglia di fare sempre meglio per conquistarsi il posto nei 23. Questo ha alzato il livello di competitività della squadra. Dobbiamo ripeterlo con l’Italia».

Il difficile viene ora, dice il vostro coach Marco Bortolami. A Dublino alla ripresa dell’Urc vi giocate il primo posto con il Leinster.
«Finora abbiamo fatto un grande percorso, ma non abbiamo conquistato ancora nulla. Dal match di Dublino in poi dobbiamo mettere la sesta marcia e alzare ulteriormente il livello per vincere le partite che contano, raggiungere i play-off e andare più avanti possibile in coppa».
 

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 18:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci