Trattori in piazza, mina nelle urne Ue

La rabbia dei contadini infiamma il Continente e potrebbe pesare sul voto di giugno: sotto accusa il Green Deal e i rinnovati aiuti economici all’Ucraina

Mercoledì 31 Gennaio 2024 di Gabriele Rosana
Protesta degli agricoltori ad Avellino

Altro che Patto di stabilità.

A far tremare (per davvero) le urne europee sono arrivati i trattori.

La rabbia degli agricoltori si è diffusa in tutto il continente e, come i “gilet gialli” cinque anni fa, promette adesso di innescare una valanga anti-Ue alle elezioni di giugno per il rinnovo dell’Europarlamento. Tanto che Bruxelles prova a correre ai ripari prima che sia troppo tardi. Le rivendicazioni variano di Paese in Paese, ma nell’invocare un sostegno adeguato ai guadagni di chi lavora in agricoltura lamentano gli effetti del mercato globale e di un’economia che ancora si lecca le ferite causate dalla fiammata dell’inflazione. A finire sul banco degli imputati quasi dappertutto sono pure le politiche Ue e, in particolare, il Green Deal che vuole accelerare la transizione ecologica, innescando un cambio di passo nel modo in cui si produce, dal taglio dei pesticidi chimici entro il 2030 alle sempreverdi polemiche sul cibo del futuro, come carne in laboratorio e farina d’insetti. Misure che finiscono nel mirino come lo sono state, per trent’anni, le famigerate “quote latte”. 


LE PROTESTE 


Nell’ultimo anno e mezzo, secondo le stime del think tank Farm Europe, gli agricoltori sono scesi in piazza in oltre 15 Paesi Ue. Dopo il caso Paesi Bassi, dove la rabbia si è fatta partito agrario (il BBB, grande vincitore delle elezioni locali 2023), tra dicembre e gennaio i blocchi stradali più imponenti e capillari si sono visti in Germania, con il comparto primario in rivolta soprattutto per i tagli alle agevolazioni per il gasolio agricolo contenuti nella manovra correttiva messa in piedi in fretta e furia da Berlino. Un anticipo di stagione lo si era già avuto nell’Europa orientale, con i Paesi maggiormente esposti all’afflusso di grano e altri prodotti a basso costo provenienti dall’Ucraina a prendersela con la concorrenza sleale da parte di un mercato che non deve rispondere alla rigida regolamentazione ambientale Ue ma che, dopo l’inizio dell’invasione russa, ha ottenuto dall’Ue la stop ai dazi all’importazione. 
La Commissione Ue aveva provato, allora, a smorzare le proteste (e a superare lo stop unilaterale all’import ucraino) mettendo sul tavolo delle capitali dell’est compensazioni economiche per 100 milioni di euro. Polacchi e rumeni in testa, quegli stessi contadini sono tornati adesso ad alzare la voce contro Bruxelles in corrispondenza del rinnovo per un altro anno della misura di favore per l’agricoltura ucraina, pur se con alcuni paletti di salvaguardia. Sullo sfondo si staglia anche il timore che un eventuale ingresso di Kiev nell’Unione, ora che c’è il via libera all’apertura dei negoziati di adesione, possa scompaginare lo status quo dei sussidi al settore, poiché l’Ucraina diventerebbe di colpo la principale beneficiaria dei fondi della politica agricola comune, il tradizionale “granaio” del budget Ue.

Anche la conclusione degli accordi commerciali si incastra tra le ruote dei trattori. In particolare quello, in ballo da anni, tra Ue e il Mercosur - il blocco sudamericano fatto da Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay - che creerebbe una tra le più grandi aree di libero scambio al mondo. I più attivi nel denunciarne gli effetti esplosivi a causa, soprattutto, della carne bovina, che arriverebbe in abbondanza in Europa sono, da sempre, i francesi. Tornati in questi giorni in (auto)strada e a promettere l'assedio di Parigi, nonostante le promesse di nuove misure da parte del governo. E sull'intesa con il Mercosur adesso frena pure Bruxelles, dopo che l'Eliseo ha fatto filtrare che il punto sarebbe stato al centro di un faccia a faccia tra Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen questa settimana. 


IN ITALIA 


Da Viterbo a Pescara, dall’Alto Adige al barese, il malcontento si è diffuso pure in tutta Italia e ha incrociato la solidarietà del governo, con il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida che ha preso di mira «politiche Ue semplicemente folli». Gli slogan contro Bruxelles - “Lasciateci in pace!”, “Traditi dall’Europa!” - sono multilingue: i contadini del Belgio li hanno scanditi fin nel cuore del quartiere che ospita le istituzioni Ue e si preparano a farlo di nuovo in occasione del summit dei leader dei Ventisette riuniti il primo febbraio in città. A scattare la fotografia di un comparto che si ritrova alle strette è stato, dopotutto, il commissario Ue all’Agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski: «Negli ultimi 10 anni abbiamo perso 4 milioni di aziende agricole - ne scompaiono 800 al giorno -, mentre l’età media degli agricoltori cresce. E ci ritroviamo con un milione e mezzo di terreni coltivabili in meno». Numeri a sostegno della necessità, ha ribadito Wojciechowski, di stanziare più fondi Ue e a considerare l’estensione della deroga per mettere a produzione pure quel 4% di terreni che in principio va tenuto a riposo. 
Ma il tema è, anzitutto, politico, tanto che a rivolgersi alle principali sigle della filiera è stata la stessa Ursula von der Leyen, inaugurando il dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura che coincide con la “fase 2” del Green Deal: «Dobbiamo far sì che le cose migliorino e dare al settore una prospettiva di lungo termine». La presidente della Commissione in predicato di riconferma è chiamata a un difficile esercizio di equilibrio: da un lato, dovrà difendere il suo piano verde; dall’altra, intercettare gli umori del suo centrodestra, che da mesi mostra segni di insofferenza e presta il fianco ai malumori degli agricoltori. 

Ultimo aggiornamento: 1 Febbraio, 13:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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