Israele, scudi e tecnologie segrete: il riscatto della difesa aerea. La rivincita dopo il fallimento del 7 ottobre

Così lo scudo israeliano si è rivelato insuperabile

Lunedì 15 Aprile 2024 di Marco Ventura
Israele, scudi e tecnologie segrete: il riscatto della difesa aerea. La rivincita dopo il fallimento del 7 ottobre

Una guerra tra "dardi" e "frecce" in versione moderna, tutta combattuta nei cieli dove i proiettili iraniani che piombano dall'Iran, dallo Yemen e dalla Siria somigliano a stelle cadenti che esplodono e svaniscono nel momento in cui vengono colpiti da missili di contraerea. E qualcuno, ma pochissimi, riesce a schiantarsi a terra. Senza troppi danni. Nonostante la pioggia di più di 300 vettori esplosivi scagliati a più ondate su rotte e livelli diversi, con velocità che variano da droni che impiegano ore a colmare la distanza e missili balistici da 3 chilometri al secondo, in Israele non si registra una vittima.

LA DOPPIA DIMOSTRAZIONE

È la rivincita della tecnologia israeliana, la stessa tragicamente sconfitta con l'attacco a sorpresa del 7 ottobre degli incursori di Hamas su motorette e deltaplani. Ed è anche una doppia dimostrazione. La prima, che l'Iran può effettivamente attraversare i mille chilometri che separano da Israele e colpire direttamente tutto il territorio «sionista» comprese Gerusalemme e Tel Aviv.

La seconda, che le forze dell'antiaerea di Israele sono in grado di intercettare e abbattere qualsiasi vettore di Teheran, inclusi missili balistici avanzati, gli ipersonici a lungo raggio Kheibar, noti come Khorramshahr 4, ossia di quarta generazione, velocità Mach 8 nell'atmosfera (e 16 fuori) e autonomia a 2mila chilometri con una testata possente da una tonnellata e mezzo. L'altro missile a cui gli iraniani hanno affidato la vendetta dopo l'uccisione del generale delle forze Qods delle guardie rivoluzionarie, Mohammad Reza Hazedi, e dei suoi principali sottoposti, è il Paveh 351, gittata di 1650 chilometri e navigazione spedita tra 600 e 900 chilometri orari. Il risultato è stato il lancio di droni Shahed 136 di produzione iraniana, annata 2021, gli stessi venduti alla Russia per martellare le città ucraine, che possono raggiungere bersagli anche a 1200 chilometri, ma per colpirli possono impiegare più di 6 ore e questo è il loro tallone d'Achille.

I numeri messi in campo non sono bastati a disorientare gli israeliani, anche perché i droni iraniani si muovono grazie al sistema Gps, di cui i tecnici israeliani hanno il totale controllo nel Medio Oriente: significa che qualsiasi movimento di drone viene monitorato in tempo reale e che la contromisura elettronica di quello che viene chiamato "Jamming", una sorta di accecamento dei sistemi di navigazione, può anche evitare di dover intervenire con intercettazioni di caccia o dispositivi dell'antiaerea. Più complicato "placcare" i missili. In totale, stando a funzionari anonimi interpellati dal New York Times, gli iraniani avrebbero "sparato" 185 droni kamikaze Shahed 137, 110 missili balistici (superficie-superficie) ipersonici Kheibar e 36 da crociera, tipo Paveh 351. In tutto, 331 tra droni e missili variamente configurati. Che per oltre il 90 per cento sarebbero stati neutralizzati in volo.

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LA CONTROFFENSIVA

Stando invece alle stime riferite alla Bbc dal portavoce delle forze di Difesa israeliane (Idf), Peter Lerner, le "munizioni" sarebbero state in tutto 360, di cui 170 droni esplosivi, 30 missili da crociera e ben 120 missili balistici. Ad accoglierli, e distruggerli, una difesa aerea a più livelli, di fatto più scudi a cipolla, dal più basso ma più sfruttato, dieci batterie di Iron Dome, "Cupola di ferro", dotate di radar e apparecchiature in grado di calcolare il punto di impatto dei "dardi" nemici e, quindi, far partire o no le contromisure. La "Fionda di David" israelo-americana capace di sgretolare obiettivi a 186 miglia di distanza. E i quasi infallibili Arrow 2 e 3, i più potenti e forse gli unici al mondo in grado di proteggere in modo affidabile dai missili balistici. Poi la flotta di caccia d'avanguardia multiruolo F35, oltre ai ben noti F15 e F16 ammodernati. Senza contare che dalla portaerei Eisenhower si sono alzati gli F18 statunitensi, a cui si sono uniti gli aerei francesi che a detta degli stessi israeliani "hanno ottime tecnologie", e la Raf di Sua Maestà dalla base di Cipro. Solo gli americani avrebbero abbattuto una settantina di droni e almeno tre missili balistici. E avrebbe contribuito, con coraggio, la contraerea giordana per proteggere il proprio spazio aereo, che i droni iraniani dovevano attraversare (oltre alla Siria e a parte dell'Iraq). Non si è trattato, quindi, di un confronto di terra. Niente guerra ibrida, questa volta, ma scontro diretto. Attacco e difesa. Al computer e nei cieli. E poi c'è la componente di intelligence, che resta fondamentale per capire il momento dell'attacco e gli obiettivi. Anche in questo caso la Cia di William Burns, insieme alle altre agenzie Usa, ha dimostrato di azzeccare le previsioni. All'Iran non restano che il terrorismo e la guerra attraverso i proxy, la guerra ibrida dietro la quale si è protetto finora. Ma per pianificare un grande attentato occorre tempo. Per Teheran, gli obiettivi sono raggiunti e la questione è chiusa. Ma tocca a Israele decidere adesso se contrattaccare.

Ultimo aggiornamento: 14:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA