La frutta sta scomparendo: scarseggiano pesche, albicocche e kiwi. Prezzi alle stelle

Lunedì 30 Ottobre 2023 di Francesco Campi
Frutta (foto di archivio)

ROVIGO - Siamo alla frutta. Anzi, non c'è più nemmeno la frutta. A lanciare l'allarme sulla difficile congiuntura della frutticoltura polesana è la Confagricoltura, a margine della manifestazione "Sosteniamo la fruit valley" che si è svolta a Bologna, promossa da Confagricoltura Emilia-Romagna, per chiedere un urgente supporto al comparto frutticolo, alla quale ha partecipato anche una delegazione di Confagricoltura Rovigo, perché anche il Polesine condivide problematiche analoghe. «Le pesche sono quasi sparite, le pere sono in profonda crisi, i kiwi restano una coltura marginale, qualche segnale positivo per le mele, ma è troppo poco per ridare vigore a un settore in forte sofferenza», spiegano il presidente Lauro Ballani e il direttore Massimo Chiarelli.

I NUMERI
Come emerge dai dati di Veneto Agricoltura sull'ultima annata agraria, i numeri lo dicono chiaramente. «Dal 2012 al 2022 gli ettari coltivati a pere in Polesine si sono ridotti di un terzo.

La provincia era la regina regionale nel 2002, con 1.580 ettari sui 4.666 del Veneto. Una posizione mantenuta per anni, dato che nel 2012 erano ancora 1.478 gli ettari coltivati a pero, con Verona a ruota. Dal 2012 il crollo, che ha portato a 583 ettari la superficie nel 2022, con continui tagli di alberi. Nel melo l'estensione si è dimezzata, passando da 877 ettari del 2012 a 419 del 2022, anno in cui si è però registrata una crescita del 4,8% rispetto al 2021. I kiwi non sono mai decollati: 213 ettari nel 2012, 194 nel 2022. Per pesche e nettarine è finita ogni speranza: 251 ettari coltivati nel 2012, quasi nulla l'anno scorso».


L'impero della pera polesana è crollato. Guardando al dati di Veneto Agricoltura emerge come il 2021 sia stato disperante per chi coltivava pere, già con una flessione annuale del 9,1% sul 2020, ovvero con l'abbattimento di un pero su dieci, con una resa disastrosa: solo 2.998 tonnellate prodotte, 86,3% meno del 2020. Per questo nel 2022 sono stati abbattuti altri due peri su dieci, con la superficie passata da 726 a 583 ettari, meno 19,7%, nonostante l'andamento climatico sia stato favorevole e la resa ottima. Con le pere, come per tutti i frutteti, è difficile tornare indietro. «Le aziende continuano a tagliare alberi - evidenzia Ballani - pesche, albicocche e nettarine sono scomparse dal territorio. Il maggior tracollo è per il pero, che ha sofferto la cimice asiatica, il gelo, la siccità e l'alternaria, tanto che le produzioni sono sotto la media e ci sono ripercussioni sulla qualità degli impianti. Con le mele tradizionali non va meglio, ma alcune nuove cultivar, come le varietà Club, stanno dando buone soddisfazioni. Tuttavia i costi di impianto sono elevati e gli ammortamenti hanno tempi troppo lunghi per rientrare con le spese. Per il kiwi la spina nel fianco sono le malattie alle radici, che hanno causato la moria delle piante e un germogliamento insufficiente, portando a produzioni basse. In più nel 2023 c'è stato il gelo. I frutticoltori si interrogano per capire cosa fare: se investire in impianti più moderni, che possono aiutare le coltivazioni, o cercare alternative come mirtillo e nocciole. Di certo non possono essere lasciati soli: servono misure ad hoc per il rilancio del settore e incentivi. La frutta è un settore strategico e fondamentale per l'alimentazione. Il nostro prodotto è tra i più controllati e certificati: perdere superfici a favore dei competitor stranieri non è una sconfitta economica, ma un rischio qualitativo e sanitario, in quanto in molti Paesi vincoli e regole sono meno ferrei. Puntiamo a recuperare terreno e a ridare speranza ai frutticoltori, sfiduciati da anni di mancate produzioni e redditività».
 

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