Inchiesta sulle case popolari ferma da mesi, gli indagati: «Su di noi sospetti e poi più nulla»

Lunedì 22 Aprile 2024 di Giuliano Pavan
Alcune palazzine di residenza popolare in via Bianchini a Treviso

TREVISO - Era stato ribattezzato lo “scandalo delle case popolari”: una serie di assegnazione sospette di alloggi a favore di famiglie di entia Rom in combutta con dirigenti di Ca’ Sugana, e non solo. Sono passati due anni e mezzo dall’apertura del fascicolo, e quasi due dagli avvisi di garanzia e dalle perquisizioni effettuate negli uffici del Comune. Poi più nulla: nessuna convocazione, nessuna richiesta di interrogatorio, nessun altro accertamento. E tra gli indagati c’è chi non ci sta più: «È arrivato il momento di fare chiarezza».

LO SFOGO

I malumori per questa situazione di stallo nascono dalla voglia di far sapere, con la stessa eco mediatica con cui era stata portata alla luce l’inchiesta, che non c’è stato alcun comportamento disonesto. Le ipotesi d’accusa sono corruzione e abuso d’ufficio, e al di là degli assegnatari delle abitazioni nel registro degli indagati sono finiti anche Stefano Pivato, all’epoca dirigente dell’Ufficio Casa, il vice Stefano Masiero, Roberto Bonaventura, dirigente del settore Urbanistica, e Sebastiano Ladillo, che ricopriva l’incarico di posizione organizzativa nell’ambito dei servizi per l’attività edilizia residenziale. Oltre a Enrico Renosto, ex consigliere comunale del Pdl. Tutti si sono sempre dichiarati innocenti, ma finora non hanno avuto modo di dimostrarlo. E vivono, da due anni, nella speranza di poterlo fare. «È una questione di civiltà - afferma il difensore di Masiero, l’avvocato Stefano Pietrobon - Non basta la consapevolezza di essersi sempre comportati correttamente se si vive in una situazione di incertezza». L’attività istruttoria della Procura, d’altra parte, si è conclusa da mesi, ma finora agli indagati sono arrivate soltanto notifiche di richiesta di supplemento di indagine. «Gli inquirenti - continua Pietrobon - si sono dati dei tempi per questa inchiesta che non sono comprensibili».

IL SOSPETTO

Al momento, infatti, ci sono solo sospetti a detta degli indagati e dei loro legali (tra i principali si contano, ad esempio, Fabrizio Santoro, Fabio Crea, Francesco Murgia e Andrea Zambon, solo per citarne alcuni, ndr) e nessuna contestazione concreta. C’è però anche la difficoltà dei diretti interessati a convivere tutti i giorni, ormai da tempo, con un clima non sereno. Nel senso che, convinti di non aver mai fatto nulla di male, comunque si sentono gli occhi addosso, a cominciare da quello che possono pensare i colleghi nonostante un apparente stato di solidarietà. «Quando si insinua un dubbio, ci sono purtroppo persone che sono portate a trarre conclusioni affrettate - chiude l’avvocato Pietrobon - Ci sono partiti politici che hanno costruito successi elettorali su indagini o su notizie poi finite nel nulla. Posso solo immaginare come possa sentirsi una persona onesta che vive in una situazione di questo genere anche se la gente non glielo fa pesare». Il procuratore Marco Martani, confermando che l’attività istruttoria è ormai chiusa da tempo, ha affermato che entro l’estate l’indagine dovrebbe essere chiusa. Non si sa, però, se con una richiesta di rinvio a giudizio o con un’archiviazione.

Ultimo aggiornamento: 07:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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