Omicidio di Paese. Uccise con la pistola il fratello e la cognata, nuova perizia psichiatrica sul killer Massimo Pestrin: «Mi capita di fare cose senza rendermene conto»

Con una Glock 17 sparò a Lino Pestrin e Rosanna Trento nella loro casa di Padernello

Giovedì 14 Marzo 2024 di Maria Elena Pattaro
Omicidio di Paese. Uccise con la pistola il fratello e la cognata, nuova perizia psichiatrica sul killer Massimo Pestrin: «Mi capita di fare cose senza rendermene conto»

PAESE (TREVISO) - «Ho vissuto un momento di blackout. Avevo la mente vuota e non ero in me. Stavamo pranzando, sono salito in camera, ho preso pistola e proiettili e ho sparato. Mi sono reso conto del delitto solo quando ho visto i due corpi a terra. Anche adesso mi capita di fare delle cose senza rendermene conto». È sulla base di queste dichiarazioni, messe nero su bianco nella prima consulenza psichiatrica, e sull’assenza di un movente esplicito che l’avvocato Fabio Crea, difensore di Massimo Pestrin ha chiesto e ottenuto una nuova perizia sul 53enne, reo confesso dell’omicidio del fratello e della cognata. Ieri è iniziato il processo in Corte d’Assise all’ex guardia giurata, presente in aula, che il 3 maggio dell’anno scorso freddò Lino Pestrin, 62 anni, e Rosanna Trento, 57, nella loro casa di Padernello, dove lo stavano ospitando. Colpi di pistola esplosi con una Glock 17, arma di ordinanza legalmente detenuta. Niente rito abbreviato per l’imputato. E una nuova perizia psichiatrica, disposta dalla Corte, per accertare se l’uomo fosse capace di intendere e volere al momento del fatto e se sia capace di stare a processo. L’incarico verrà conferito alla prossima udienza, il 24 aprile prossimo. Rimane inoltre l’aggravante di aver ucciso due persone conviventi. Una contestazione che, in caso di condanna, potrebbe costare l’ergastolo a Pestrin.

Il pm Michele Permunian l’aveva esclusa in apertura di dibattimento. Ma la Corte ha deciso che il capo di imputazione al momento rimane così com’è. Saranno i giudici, al momento della sentenza, a esprimersi sulla sussistenza dell’aggravante. Se dovesse cadere, l’imputato potrebbe beneficiare di uno sconto fino a un terzo della pena. 


BATTAGLIA IN AULA
A spuntarla, dopo uno scontro serrato tra il pm Michele Pemunian e l’avvocato Fabio Crea, è stato quest’ultimo a spuntarla, ottenendo l’accertamento psichiatrico. Pestrin era già stato sottoposto a una prima consulenza, disposta dal pm. A eseguirla è stato lo psichiatra Alberto Kirn. L’esperto aveva riscontrato un disturbo di personalità di tipo paranoide, che va trattata. Tale disturbo, però, secondo Kirn non era tale da pregiudicare la capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto. 


GLI APPROFONDIMENTI
Ma secondo la difesa si tratta di un esame superficiale, limitato a soli tre colloqui in carcere. Durante questi incontri Pestrin aveva parlato di una sorta di “dissociazione”. «Se provavo rabbia? No, non c’erano motivi. (Lino e Rosanna, ndr) mi davano ospitalità e ci si aiutava. Avevo la mente vuota. Non ero capace di intendere e volere nonostante li avessi riconosciuti. Non so spiegarmelo. Facevo le cose senza rendermene conto - è riportato nella perizia -. Mi capita anche adesso. Per esempio ieri sera sono andato in bagno a lavarmi i piedi e non li ho asciugati. So di avere qualcosa che non va». Da qui la richiesta di una consulenza più approfondita, anche attraverso i test diagnostici. Il pm si è opposto strenuamente sostenendo, tra le altre cose, che Pestrin non aveva avuto nessun episodio pregresso di malessere, tanto che aveva superato i test per ottenere il porto d’armi. Il killer aveva parlato di “complotto” dei familiari subito dopo il delitto. Il pm ha letto anche un messaggio di pentimento inviatogli da Pestrin, segno - secondo l’accusa - che il 53enne è consapevole del delitto. 

Ultimo aggiornamento: 15:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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