Faida tra bengalesi: «Il furto, la vendetta e un potente politico locale che ha scatenato una guerra»

Il racconto di un bengalese della fazione vittima di aggressioni

Lunedì 8 Aprile 2024 di Enrico Scoccimarro
Rissa nel centro di Mestre

MESTRE - Da un'amicizia a una faida tra Mestre e il Bangladesh.

Alla base dei conflitti che hanno animato la città durante la settimana passata, ci sarebbe una storia di rapporti stretti, trasformati in due "eserciti", che diventano quattro moltiplicandosi in terra bengalese, in una guerra tutt'altro che chiusa. Ce lo racconta proprio un membro di una fazione, ben informato sui fatti, la cui testimonianza è stata raccolta a condizione dell’anonimato.

LE CAUSE DEL CONFLITTO

Tutto nascerebbe in un esercizio commerciale di Mestre di money transfer. Un 48 enne, mentre fa compagnia al suo amico negoziante, proveniente dalla stessa città bengalese (Abdullahpur), approfitta dei suoi attimi di distrazione per rubargli denaro dalla cassa: circa il 2/3% dell'incasso, che poteva variare dai 500 ai 5mila euro per un ammontare di 120mila, il tutto per circa sei mesi, quando il commerciante comincia ad accorgersene. I suoi sospetti diventano certezze quando decide di installare una telecamera di sorveglianza: ladro e fattaccio ripresi, prove acquisite.
Da qui l'origine della questione: il commerciante si rivolge a un gruppo di amici bengalesi comuni e cerca di convincerli a far confessare l'amico. Tentativo riuscito solo dopo la visione del video. Le richieste di restituzione dei soldi, tuttavia, col tempo, risultano vane. L'amico trova continuamente scuse e il negoziante decide di querelarlo.

I DUE SCHIERAMENTI 

«In questa storia - racconta il testimone - c’è un elemento chiave da cui prende piede il parallelismo con il Bangladesh: il fratello del presunto ladro è un importante politico della loro città comune di provenienza. Una persona di potere che, una volta informato dei fatti che coinvolgono il fratello, cerca di trovare una soluzione a distanza: «Dopo aver capito che non avevano la possibilità di restituire i soldi - sottolinea - il politico ha cominciato a minacciare la famiglia del nostro amico commerciante in Bangladesh».
Qui a Mestre, invece, la faida si sviluppa all’interno dell’associazione bengalese “Abdullahpur Ancholik Somiti”, composta da quasi 500 persone, di cui è presidente il fratello del commerciante. Si formano due gruppi: uno che sta con il presidente, l’altro con il fratello del potente politico.
Dagli schieramenti, si passa all’azione. La prima aggressione viene compiuta il pomeriggio di martedì 2 aprile nei confronti del fratello minore del presidente e del commerciante: il 28enne è in bici quando viene scaraventato giù e preso a calci e pugni. La sera stessa, le due fazioni della comunità si incontrano e scoppia la maxi-rissa in via Allegri. In Bangladesh nel frattempo la famiglia del negoziante reagisce agli attacchi: anche ad Abdullahpur va in scena una guerriglia urbana.

IL SANGUE

Ma i contorni violenti della vicenda devono ancora arrivare: passa un solo giorno e giovedì pomeriggio viene compiuto un agguato a casa del commerciante. Vengono lanciati sassi contro i vetri delle finestre dell’abitazione, i parenti scendono e vengono presi a bastonate: uno dei fratelli (il presidente dell'associazione) si procura anche un taglio sulla mano. La reazione è servita in via Piave la sera stessa: ancora botte e coltellate, bilancio di quattro feriti. 
In Bangladesh? Molto peggio. «L’uomo politico locale a quel punto ha raggruppato molte persone dalla sua parte - racconta il bengalese - ma anche l’altra famiglia è molto numerosa. Dopo un’altra battaglia, avvenuta venerdì, il bilancio è stato di 15 feriti».
Ma le mosse del politico bengalese, racconta la fonte, sono ancora all’inizio: «Lui ha ucciso uno del proprio gruppo per dare la colpa alla famiglia del commerciante e far mettere in galera circa 50 persone - dichiara il bengalese - ma la polizia lo ha scoperto subito e lo ha arrestato». Il politico dunque, in questo momento, si troverebbe in carcere, in attesa di processo, sempre secondo la versione del testimone. Ma non solo: «Il figlio della persona uccisa si trova a Mestre e fa parte del gruppo rivale, quindi ora vuole vendicarsi». L’orfano dunque non crederebbe a questa versione, ma a quella del proprio gruppo, ovvero che a uccidere il padre sia stata la famiglia del commerciante.

I PERICOLI A MESTRE

Ecco che quindi gli scenari per Mestre non diventano per nulla sereni. Il conflitto, al contrario, potrebbe essere ancora solo all’inizio e lontano dai semplici spintoni ripresi in video dai condomini di via Allegri. La polizia è informata di tutti i fatti e starebbe procedendo ad appurarli. Il commerciante, invece, sarebbe sotto protezione. Una faida dai contorni macabri che ha gettato nello sconforto tutta la rimanente comunità bengalese a Mestre che, almeno per il momento, non vuole né prendere parte né interessarsi alla vicenda: ne teme, però, gli sviluppi.

Ultimo aggiornamento: 24 Aprile, 16:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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