Appello per la Villa

Giovedì 25 Marzo 2021
Appello per la Villa
PATRIMONIO
Torna a far discutere Villa Nani Mocenigo a Canda, sempre più abbandonata a se stessa. L'estate scorsa una raccolta firme per sensibilizzare l'opinione pubblica, portata avanti da Micol Andreasi (già vicesindaco del comune polesano) aveva suscitato molto interesse. Ora il lungo elenco di firme (quasi un migliaio) è stato inviato al ministro della Cultura Dario Franceschini, con una lettera in cui si chiede di intervenire, considerando la gravità della situazione, per sollecitare il proprietario della villa (la Banca di San Marino) a rispettare ciò che per legge riguarda un bene vincolato. Il testo porta la firma dei soci fondatori del Comitato per la Villa: oltre ad Andreasi, Manuela Tavian, Enrico Montalti, Sara Caraccio, Ermanno Giacomella, Emilio Milani e Francesco Rando. A sottoscrivere la lettera, anche la sezione provinciale di Italia nostra, l'associazione Ville venete dell'Adige e l'ispettore per la tutela monumentale della Provincia, Raffaele Peretto.
Andreasi, docente di Lettere alla scuola superiore, è laureata in Iconologia con una tesi sul rapporto tra Ferrara e la pittura metafisica ed è specializzata in Storia dell'arte all'università di Bologna.
Cosa manca alla Villa di Canda?
«L'impressione è che manchi un progetto per il futuro. Mancano una proprietà attenta che se ne prenda cura e l'attenzione da parte del territorio. Manca la consapevolezza che non si tratti di un cumulo di pietre ben accostate e di astratta bellezza, ma del paradigma di una civiltà, quella delle ville venete appunto, irripetibile. E soprattutto, di un patrimonio inteso come eredità lasciataci dai nostri padri. Alla Villa ci dovrebbe stringere prima di tutto un legame affettivo. Nel 2010, dopo difficile trattativa, i fratelli Bertetti, ultimi proprietari ed eredi dei Nani Mocenigo, vendettero la proprietà di Canda. Da allora, ad avere la meglio fu il progressivo abbandono. I cicli pittorici all'interno, già in parte danneggiati da un incendio del 1946, sono minacciati, così come le celebrazioni ad affresco della Serenissima, con le allegorie di Fortezza, Prudenza, Giustizia, Libertà e Buon Governo. Lo stato del parco risulta in condizioni precarie. Ci sono stati crolli sia degli annessi che del muro di cinta. Le statue esterne sono state oggetto di atti vandalici»
Il Polesine come può far conoscere meglio la Villa e ciò che le sta attorno?
«I modi per farlo sono infiniti e anche molto semplici, come posizionare una cartellonistica capace di segnalare a chi arriva in Polesine che questa è terra del Delta, di villa Badoer, del Museo dei Grandi fiumi, ma anche di Villa Nani Mocenigo e di tutte le altre. Una segnaletica riconoscibile e attraente anche in giorni di nebbia».
Negli anni lei ha ideato rassegne come il Festival della Letteratura recitata, nella stessa Villa di Canda, o il Rosa Rosae di San Bellino. Che risposte dà il pubblico, alla cultura?
«Quando la provincia organizza un evento di valore e riesce a comunicarlo bene, la partecipazione del pubblico è entusiasta e si allarga alle province limitrofe, giovani compresi. E l'effetto che suscita è sempre lo stesso: lo stupore affascinato di fronte al posto che ci accoglie e che, nella maggior parte dei casi, non conosciamo».
Da quest'anno l'Educazione civica è obbligatoria nelle scuole: uno dei punti centrali è la difesa del patrimonio culturale.
«Se la situazione lo permetterà, accompagnerò le mie classi davanti a uno dei nostri tanti patrimoni. Racconterò loro da chi abbiamo ereditato tanta bellezza e le storie di chi, per quel luogo, ha vissuto e combattuto. Poi, in classe, studieremo i passaggi della Costituzione, le leggi, le Convenzioni che disciplinano la tutela dell'ambiente, consapevoli, però, che conoscere la legge non è sufficiente per costruire un cittadino responsabile. Serve comprendere, incontrare quel legame affettivo che induce al rispetto e alla cura».
Lei è da sempre appassionata di classicità. Qual è l'immagine, da autori antichi, che la ispira di più?
«Non ho dubbi: è la scena (narrata da Virgilio) di Enea che in fuga da Troia distrutta, tiene il figlioletto per mano, ma si carica sulle spalle anche il vecchio padre. Mi sono chiesta spesso quanto più faticoso dovesse essere stato il suo viaggio. Ma Enea voleva salvare, oltre al futuro, il peso della tradizione. La parola patrimonio, non a caso, ha le stesse radici di padre e patria. Abbiamo doveri fondamentali, fatti anche di legami con le nostre origini».
Marcello Bardini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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