Il racconto di quel 16 dicembre
Poi la fine: «Quando mi sono resa conto che il suo respiro è cambiato e che mancava poco, ho chiamato i ragazzi – aggiunge al Corriere – Eravamo tutti in silenzio attorno a lui. Gli ho tenuto la mano, l’ho visto lottare col respiro sempre più pesante. Mi è venuto da dirgli: vai, non ti preoccupare, ai ragazzi ci penso io. Solo a quel punto è spirato. Fino ad allora, nessuno di noi aveva pianto. Nella stanza, si è percepita come una botta di energia. È stato brutto, ma in qualche modo bello»