Legge Scelba, la norma che vieta la ricostituzione del partito fascista. Chi era il promotore e le pene previste

E' entrata in vigore il 23 giugno 1952

Giovedì 18 Gennaio 2024
Mario Scelba e Alcide De Gasperi

Il caso di Acca Larentia​ ha riportato all'attenzione della cronaca la legge Scelba, ovvero la legge 645 del 23 giugno 1952, e quindi modificata nel 1975, emanata con Alcide De Gasperi alla guida del governo in un periodo di forti tensioni. La legge,  che prende il nome di Mario Scelba (vedi sotto la biografia)  è stata specificatamente denominata come legge attuativa della XII disposizione della Costituzione dal legislatore per cancellare ogni dubbio sulla volontà di approvare una legge speciale contro i partiti di estrema destra.

Mario Scelba e Alcide De Gasperi (archivio Il Messaggero) 

La Costituzione

Il divieto di riorganizzazione del partito fascista, sotto qualsiasi forma, è stabilito XII disposizione transitoria e finale della Costituzione che mette un limite al diritto di associarsi a un partito politico (articolo 49) ed al diritto di accesso alle cariche elettive (articolo 51) quando il partito, la lista o il movimento politico favorisce la ricostituzione del partito fascista.

Gli articoli della legge Scelba

Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione o un movimento persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politico o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.

 

L'articolo 5

In altre parole la legge vieta la ricostituzione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista (articoli 1 e 2), punisce anche condotte individuali, quali l'apologia del fascismo (articolo 4), punisce il compimento di manifestazioni fasciste (articolo 5). E' l'articolo 1 che indica la definizione di “riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Il presupposto soggettivo di applicazione della norma è l’esistenza di un'associazione, di un movimento o di un gruppo di persone non inferiore a 5. La condotta che viene proibita dalla legge è quella di punire “finalità antidemocratiche proprie del partito fascista” secondo precise modalità: esaltando, minacciando o usando violenza quale metodo di lotta politica
propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione; denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza; svolgendo propaganda razzista; compiendo attività di esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del partito fascista; compiendo manifestazioni esteriori di carattere fascista.

Lo scioglimento di partiti neofascisti

L’articolo 3 dela Legge Scelba prevede due modalità per arrivare a sciogliere gruppi di ricostituzione del partito fascista: lo scioglimento avviene con ordine del ninistero dell’Interno, sentito il Consiglio dei Ministri in seguito di sentenza da cui risulti accertata la ricostituzione del partito fascista; con Decreto del Governo nei casi straordinari di necessità e urgenza.

I precedenti 

Finora è stata applicata solo la prima modalità di scioglimento (articolo 3 comma 1).

E' avvenuto per lo scioglimento di Ordine Nuovo, movimento nato nel 1969 e sciolto dal ministro dell’Interno Taviani dopo la sentenza di accertamento della ricostituzione del partito fascista, nel processo in cui era pubblico ministero Vittorio Occorsio, poi ucciso in un attentato rivendicato proprio da Ordine Nuovo.

La perplessità sul comma 2 (scioglimento con Decreto del Governo) ha sollevato forti perplessità fin dalla discussione che ha portato alla Legge Scelba. Come si legge nel sito Altalex, si temeva, sia da parte del Movimento sociale italiano sia da parte dei gruppi comunisti, che la norma attribuisse al Governo il potere di cancellare d’imperio un partito, senza alcun controllo da parte degli organi giudiziari. I sostenitori della norma poi approvata, rassicuravano invece del fatto che il decreto legge deve in ogni caso passare alla ratifica del Parlamento.

Le pene previste

Ogni tipo di apologia è punibile con un arresto dai 18 mesi ai 4 anni. La norma prevede sanzioni detentive per i colpevoli del reato di apologia, più severe se il fatto riguarda idee o metodi razzisti o se è commesso con il mezzo della stampa.

"Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire. Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell'articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni". E' quanto prevede l'articolo 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, citato dalla Cassazione in relazione al saluto romano.

Chi era Mario Scelba

Mario Scelba, nato a Caltagirone nel 1901 e morto a Roma nel 1991, fu presidente del Consiglio dei ministri italiano dal 10 febbraio 1954 al 2 luglio 1955. Membro della prima ora del Partito Popolare, con le elezioni del 1948 diventò deputato al Parlamento Italiano.

Fu ministro dell'interno dal 2 febbraio 1947 al 7 luglio 1953 (dall'11 luglio al 18 settembre 1952 si fece sostituire da Giuseppe Spataro perché colpito da malattia), dal 10 febbraio 1954 al 2 luglio 1955 e dal 26 luglio 1960 al 21 febbraio 1961; fu Presidente del Consiglio dal 10 febbraio 1954 al 2 luglio 1955.

Ostile al centrosinistra, dopo l'avvento del primo governo Moro nel quale per la prima volta entravano a far parte i socialisti decise di assumere una posizione defilata. Nel 1966 fu invitato a far parte del terzo governo Moro, sempre di centrosinistra, ma rifiutò l'offerta. Eletto senatore nel 1968 e dal 1969 al 1979 fece parte della "Rappresentanza italiana al Parlamento europeo". Nel 1969 fu eletto Presidente del Parlamento Europeo, carica che avrebbe mantenuto fino al 1971, e presidente del Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, incarico che avrebbe lasciato nel 1973.

Fu costantemente rieletto al Senato della Repubblica in Sicilia nel 1972, 1976 e 1979, dove restò fino al 1983, anno in cui si ritirò dalla vita politica.

Ultimo aggiornamento: 21 Gennaio, 11:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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