I giovani qui ci sono, attratti da una modalità di lavoro ad altissimo tasso tecnologico: di ciò che ricorda il lavoro del boscaiolo c’è ormai solo la motosega. Per il resto, tutto macchine imponenti con schermi touch e software dedicati per operare nel bosco. È la buona notizia che arriva dalla silvicoltura del Friuli Venezia Giulia che per il resto deve fare i conti con due aspetti piuttosto critici: il valore del legname, che da giugno, dopo un annetto interessante, è tornato all’epoca Vaia, quando cioè cinque anni fa il prezzo al metro cubo crollò insieme alle migliaia di abeti stesi dalla violenza del vento; il bostrico, che continua a mangiare senza sosta foreste monocultura, distese cioè di abete rosso, il “cibo” preferito del parassita. È quanto sperimenta quotidianamente Mirco Cigliani, presidente di Legno Servizi, il cluster dell’ambito forestale in regione, costituito nel 1995 per sostenere e rafforzare i soggetti operanti nella filiera bosco legno e per valorizzare una risorsa largamente presente nelle montagne del Friuli Venezia Giulia.
I COSTI
Tra fine ottobre e i primi di novembre del 2018 la tempesta cambiò il volto di gran parte della montagna boscata del Nordest e «il prezzo del legname scese da 90 euro al metro cubo a una media di 55 euro a metro cubo – ricorda Cigliani -.
IL “BOSTRICATO”
«È un legno che, se adoperato entro 4-5 mesi dall’attacco del parassita, si può utilizzare per lavorazione di seconda scelta – illustra Cigliani -, per gli imballaggi o per i pannelli, di cui per fortuna abbiamo importanti produttori in regione. Passato questo periodo, non resta che destinarlo a biomassa. In ogni caso, circa il 50% del legno con bostrico finisce in biomassa, rispetto al 10-20% del legno rimanente nel taglio di alberi sani». Cigliani, che è anche componente della categoria Legno di Confartigianato Fvg, il bosco lo frequenta da moltissimi anni e ogni giorno. Perciò inquadra “il problema bostrico” con dovizia di particolari: «Sarà difficile fermarlo, si pensi che in una pianta troviamo anche 60mila parassiti e ci sono aree così impervie dove è impossibile arrivare – afferma -. Tuttavia, dove interveniamo puliamo bene, di modo che il bosco possa riprendersi. In alcune aree, stiamo notando la nascita di essenze diverse dall’abete rosso: abete bianco, larici, castagni, tutti alberi che il bostrico non attacca». In altre aree colpite da Vai, «la natura sta facendo il suo meglio, rinascono faggi, abete rosso, carpino». A riprova che l’abete rosso non è sempre stato l’albero tipico della montagna friulana. «Dalle mie parti ci sono luoghi che si chiamano “Faiet”, “Castigneit” – rivela Cigliani -, chiaro rimando al faggio e al castagno, a conferma che la monocultura dell’abete rossa è stata scelta ad un certo punto della storia, perché più redditizia».