Residenza da almeno 5 anni in Veneto per avere la casa popolare, la Consulta boccia la Regione: «È incostituzionale». Il commento di Zaia: «Noi premiamo chi qui ha un progetto di vita»

Lunedì 22 Aprile 2024
Residenza da almeno 5 anni in Veneto per avere la casa popolare, la Consulta boccia la Regione: «È incostituzionale»

Residenza in Veneto per un certo numero di anni ed edilizia pubblica: per la Corte costituzionale i due fattori non sono correlati, anzi, è irragionevole negare l'accesso all'edilizia residenziale pubblica a chi, italiano o straniero, al momento della richiesta non sia residente nel territorio della Regione da almeno cinque anni, pur se calcolati nell'arco degli ultimi dieci e maturati eventualmente anche in forma non continuativa. In poche parole, la Consulta ha ritenuto incostituzionale una previsione normativa della Regione Veneto.

Il requisito della prolungata residenza, infatti, impedisce di soddisfare il diritto inviolabile all'abitazione, funzionale a che «la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l'immagine universale della dignità umana».

La sentenza n.67 della Corte costituzionale

La sentenza è stata depositato lunedì 22 aprile 2024, e la Consulta ha ritenuto la previsione normativa del Veneto contrastante con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza, previsti dall'art. 3 della Costituzione, l'art. 25, comma 2, lettera a), della legge della Regione Veneto 3 novembre 2017, n. 39. La Corte - informa una nota della Consulta - ha precisato che il requisito della residenza prolungata nella Regione non presenta alcuna ragionevole correlazione con il soddisfacimento dell'esigenza abitativa di chi si trova in una situazione di bisogno. Anzi, tale criterio contrasta con la circostanza per cui «proprio chi versa in stato di bisogno si vede più di frequente costretto a trasferirsi da un luogo all'altro spinto dalla ricerca di opportunità di lavoro». Del resto, secondo la Corte, la permanenza per almeno cinque anni nella regione, accertata nell'arco di un decennio, non induce a ritenere che vi sarà un futuro radicamento nel territorio, né serve a valorizzare il tempo dell'attesa nell'accesso al beneficio, esigenza che si può semmai riflettere nell'anzianità di presenza nella graduatoria di assegnazione. La Corte, pertanto, ravvisa l'adozione di un criterio irragionevole che si traduce nella violazione del principio di eguaglianza formale fra chi può e chi non può vantare una condizione - quella della prolungata residenza nel territorio regionale - del tutto dissociata dal suo stato di bisogno. Secondo i giudici delle leggi, il requisito contrasta anche con il principio di eguaglianza sostanziale, perché tradisce la naturale «destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all'abitazione della proprietà pubblica degli immobili» dell'edilizia residenziale pubblica.

La reazione del governatore Luca Zaia

Non è tardata ad arrivare una nota del governatore della Regione Veneto Luca Zaia, in merito alla sentenza della Consulta. «Prendo atto della sentenza della Corte Costituzionale, ma non la condivido, per onestà intellettuale e storia personale. In Veneto abbiamo scelto di premiare chi, cittadino italiano o cittadino straniero non fa differenza, nella nostra terra ha un progetto di vita».

«Penso - prosegue Zaia - che la nostra norma non sia affatto una legge che esclude, tutt'altro: è stata voluta per favorire inclusione e senso di comunità. L'abbiamo pensata per chi vuole stabilirsi in Veneto con la propria famiglia, avviare un percorso di vita, iniziare un'attività lavorativa, mandare i propri figli nelle nostre scuole con la prospettiva di mettere radici. Non per chi arriva oggi e pretende gli stessi diritti chi risiede in Veneto da tempo, contribuendo anno dopo anno alla società e all'economia».

«La residenzialità, specie se nelle abitazioni pubbliche pagate dalla collettività - sostiene Zaia - non può basarsi su un criterio di sliding door ma deve premiare invece che pensa ad un futuro dove sceglie di risiedere. Penso, ad esempio, che un cittadino straniero che risiede in Veneto da diversi anni, e qui ha posto le basi per il futuro della propria famiglia, abbia certamente più diritti di chi è arrivato ieri e acclama identiche pretese. È questo il nostro concetto di difesa della dignità, dare diritti a chi dimostra di volerli espletare nel tempo, accompagnati dall'impegno verso la comunità: la stessa cosa vale, ovviamente, per i cittadini italiani che fanno richiesta di alloggi pubblici».

Secondo Zaia, «l'impegno nel tempo non può essere a mio parere soppiantato da un ideale di presunta universalità del diritto alla casa, citato dalla Corte Costituzionale. Valutiamo invece e premiamo con pragmatismo e serietà chi davvero vede l'abitazione come base per lo sviluppo di un progetto di vita, non chi la usa come mera sistemazione in attesa di muovere verso altri territori e altri progetti. Non posso non notare - conclude il presidente del Veneto - che per la proprietà transitiva questa sentenza potrebbe far sì che i cittadini italiani o gli stranieri residenti da almeno cinque anni in Italia avranno gli stessi diritti, a parità di condizione e di requisiti, di chi magari non ha un progetto di vita e chiede semplicemente un alloggio, quasi fosse un ostello, per poi trasferirsi altrove. Prendiamo comunque atto della sentenza della Corte Costituzionale, in attesa di poterne valutare le conseguenze dell'applicazione».

Ultimo aggiornamento: 24 Aprile, 07:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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